La maggiore attenzione ad una alimentazione sana ed equilibrata potrebbe spingere il consumatore verso la scelta più frequente di pesce, ma occorre che l’industria si adegui a quelle che sono le richieste del mercato

In Italia c’è ancora ampio margine di crescita per il settore ittico. La maggiore attenzione ad una alimentazione sana ed equilibrata potrebbe spingere il consumatore verso la scelta più frequente di pesce, ma occorre che l’industria si adegui a quelle che sono le richieste del mercato.
Questo è quanto emerso da uno studio di AstraRicerche, commissionato da Unioncamere Puglia, e presentato alla Fiera del Levante di Bari nel corso di Trend Waves, evento dedicato alle tendenze future della blue economy.

La ricerca, condotta su un campione di 1000 italiani tra i 18 e i 70 anni ha consentito di evidenziare che solo il 9,5% degli intervistati consuma pesce 3-4 volte alla settimana, il 47,6% 1-2 volte alla settimana, il 28,2% 2-3 volte al mese, il 10,2% 0-1 volta al mese, il 4,5% mai.
C’è dunque un 42,9% della popolazione italiana che potrebbe abituarsi ad un consumo, almeno una volta a settimana, di prodotti ittici.
Una frequenza più alta del “mangiare pesce” si registra tra i giovani tra i 25 e i 34 anni, complice la tendenza crescente del consumo di sushi e la maggiore frequenza del consumare pasti al ristorante.

La ricerca fotografa un mercato che ha manifestato grandi cambiamenti negli ultimi 4 anni rilevando che, a fronte di un 55% della popolazione che ha mantenuto invariato il consumo di pesce, il 22% lo ha diminuito e il 23% invece lo ha aumentato.

L’indagine ha permesso inoltre di capire che gli italiani considerano la pesca nelle nostre acque (60.0%) più sostenibile rispetto a quella effettuata fuori (44.6%), e che c’è consapevolezza circa la stagionalità del pescato (71.1%) e le quote consentite (71.1%).
Cosa spingerebbe gli italiani ad un maggiore consumo di pesce? Per il 56% degli intervistati un prezzo più accessibile (una maggiore offerta di varietà di specie in grado di soddisfare le esigenze economiche di tutti), la garanzia che il pesce sia sano (31%) e di qualità (30,6%), la maggiore facilità nel prepararlo a casa (25%).

Se dunque è vero, così come emerge dalla indagine condotta da AstraRicerche che tra i driver che guidano la crescita del consumo di pesce in Italia c’è la consapevolezza che sia un alimento genuino, è pur vero che in molti lo consumano “per la comodità di alcune preparazioni da fare a casa in modo rapido e semplice”.

Ecco che la ricerca ha consentito di sottolineare che rendere il pesce “comodo” offre all’industria del settore maggiori margini di crescita. L’industria della trasformazione deve impegnarsi maggiormente nella individuazione di nuove formulazioni che consentano il risparmio di tempo nella preparazione.

C’è poi un segmento molto importante della popolazione italiana che andrebbe educato al consumo di pesce ed è la fascia dei giovanissimi, in questo caso lo studio di AstraRicerche suggerisce la messa a punto di una comunicazione ad hoc che viaggi sui nuovi mezzi, i social, con l’utilizzo di “nuove parole”.

Qui è possibile seguire gli interventi di Patrizia Martello, sociologa dei consumi, docente in NABA a Milano e Cosimo Finzi, Direttore di AstraRicerche, istituto di ricerche sociali e di marketing.

Fonte: Pesceinrete.com

 

 

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